Recesso nel Contratto di Appalto
Il diritto di recesso nel contratto di appalto è regolato dal codice civile e comprende sia norme specifiche che generali. Le disposizioni specifiche per gli appalti pubblici sono contenute nel Codice degli Appalti. Il recesso può essere convenzionale, se previsto dalle parti, oppure legale, quando disciplinato dalla legge. In particolare, la legge offre una protezione al committente, consentendogli di recedere ad nutum.
Cos’è il recesso
Il recesso è il diritto di una parte di terminare unilateralmente gli effetti di un contratto. Sebbene il Codice civile non fornisca una definizione esplicita, l’articolo 1373 ne disciplina alcuni aspetti. Questo diritto si applica principalmente ai contratti di durata, come i contratti di locazione, ma trova applicazione anche nel contratto di appalto, che è un contratto a esecuzione prolungata.
Il recesso produce effetti dal momento in cui viene esercitato e, pertanto, ha efficacia ex nunc, senza retroattività. La cessazione del vincolo contrattuale avviene nel momento in cui la parte comunica la volontà di recedere alla controparte, preferibilmente tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, rispettando un opportuno termine di preavviso. Tuttavia, le parti possono concordare modalità diverse di comunicazione.
Il recesso ad nutum del committente nell’appalto
Le norme che regolano il recesso nel contratto di appalto sono contenute negli articoli 1373 e 1671 del codice civile. Il primo articolo riguarda il recesso convenzionale, mentre il secondo è specifico per il recesso ad nutum del committente, applicabile sia agli appalti d’opera che ai servizi.
L’articolo 1373 stabilisce che il diritto di recesso può essere esercitato solo finché il contratto non ha avuto inizio di esecuzione. Tuttavia, l’articolo 1671 prevede che il committente possa recedere dal contratto anche se l’esecuzione è già iniziata, a condizione di indennizzare l’appaltatore per le spese sostenute, i lavori eseguiti e il mancato guadagno. Ciò implica che il committente ha un diritto potestativo che riflette il legame fiduciario con l’appaltatore.
Questa norma consente al committente di recedere in qualsiasi momento, senza necessità di preavviso o giustificazione, e si applica anche in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore, con l’obbligo di indennizzare quest’ultimo.
Modalità di esercizio del diritto di recesso
Le parti possono regolare liberamente le modalità di esercizio del diritto di recesso, stabilendo tempi e forme specifici. In alcune pronunce, la giurisprudenza ha anche consentito deroghe a queste regole, permettendo di escludere l’indennizzo per l’appaltatore. Tuttavia, se il recesso è avvenuto per inadempimento dell’appaltatore, sarà necessario valutare la gravità dell’inadempimento per determinare il diritto al risarcimento.
La Cassazione ha stabilito che il committente può recedere senza necessità di dimostrare la gravità dell’inadempimento, dovendo solo verificare eventuali incompatibilità con la prosecuzione del contratto.
Effetti del recesso nell’appalto
Il recesso nell’appalto genera effetti ex nunc, ovvero a partire dal momento in cui viene esercitato. Tra gli effetti principali del recesso ad nutum, vi è l’obbligo di indennizzare l’appaltatore, che include:
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- rimborso delle spese per i lavori già eseguiti;
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- copertura delle spese per materiali acquistati e trasportati, anche se non utilizzati;
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- risarcimento per il mancato guadagno che l’appaltatore avrebbe conseguito.
Inoltre, il committente può richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di inadempimento dell’appaltatore, e in alcuni casi tale risarcimento può esonerare l’obbligo di indennizzo.
L’opera già eseguita diventa di proprietà del committente, il quale può anche richiedere risarcimenti per eventuali vizi o difformità.
Variazioni del progetto nel corso dell’opera – Recesso del committente e dell’appaltatore
L’articolo 1660 del codice civile disciplina il recesso in caso di variazioni necessarie e di notevole entità del progetto. Se tali variazioni superano il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore può recedere e richiedere un’equa indennità.
Il committente, in caso di variazioni di notevole entità, ha anch’esso il diritto di recedere, con l’obbligo di corrispondere un equo indennizzo. La giurisprudenza ha confermato che le variazioni dovute a fatti oggettivi del committente rientrano tra quelle previste dalla norma.
Recesso e risoluzione nell’appalto
La richiesta di recesso da parte del committente esclude la possibilità per entrambe le parti di chiedere la risoluzione del contratto. Se, invece, viene richiesta la risoluzione, non è più possibile esercitare il recesso, a meno che la domanda di risoluzione non venga rigettata.
Il recesso nell’appalto pubblico
Il recesso negli appalti pubblici è disciplinato dal Codice degli Appalti. L’articolo 109 stabilisce che la stazione appaltante può recedere dal contratto in qualsiasi momento, previo pagamento per i lavori eseguiti e delle prestazioni relative, oltre a un’indennità per i materiali. Anche in questo caso è previsto un recesso ad nutum, ma con l’obbligo di un preavviso di 20 giorni.