Come Ripartire le Spese di Riscaldamento del Condominio Quando ci Sono i Contabilizzatori di Calore

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Come vanno ripartite le spese di riscaldamento nei condomini in cui sono presenti i contabilizzatori di calore? A questa domanda ha risposto la sentenza n. 6218/2017 della Corte di Cassazione, precisando che la ripartizione va fatta in base al consumo effettivamente registrato.

Nel caso in questione, le parti ricorrenti avevano impugnato la delibera condominiale che aveva adottato un riparto delle spese di riscaldamento sulla base dei consumi (“solo in minima parte”) presunti.
Il Tribunale di Bologna aveva rigettato la domanda di impugnazione e aveva sottolineato che gli attori non avevano contestato il metodo di ripartizione utilizzato dal condominio nell’ultimo decennio (30% in base ai millesimi, 70% in base ai consumi), ma l’erroneità dei dati di consumo ricavati dai “contacalorie” posti nelle singole unità immobiliari.

Secondo la parte ricorrente, la sentenza del giudice di primo grado – rigettando la domanda declaratoria di invalidità di un rendiconto che ripartiva le spese di riscaldamento sulla base dei consumi presunti o comunque errati, invece di ripartirle secondo il metodo già utilizzato nei precedenti esercizi – aveva violato gli artt. 1123, 1130 e 1137 Codice civile. Ma non è tutto. Vi era anche la violazione degli artt. 115 Codice procedura penale e 2697 Codice civile “per l’erronea valutazione delle prove e la mancata ammissione delle deduzione istruttorie che avrebbero dimostrato il cattivo funzionamento dei contabilizzatori di calore e l’inesatto rilievo dei consumi”.

La Corte di Cassazione ha ricordato che, in via di principio, sono da considerare nulle e, perciò, pure impugnabili – indipendentemente dal termine perentorio di trenta giorni – tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate violando i criteri regolamentari di ripartizione delle spese. La maggioranza dei partecipanti, infatti, non può incidere sugli obblighi dei singoli.

D’altro canto, “il riparto degli oneri di riscaldamento negli edifici condominiali in cui siano stati adottati sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singoli unità immobiliare va fatta per legge in base al consumo effettivamente registrato” (si veda l’art. 26, commi 5 e 6, della legge n. 10/91, come modificato dalla legge n. 220/2012; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22573/2016).

La sentenza non tratta il punto previsto dall’art. 9, com. 5, lettera d della D.Lgs. n. 141/2016 (forse perché il ricorso non pone questo aspetto) che stabilisce “ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50%, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica”.

Dall’analisi del caso sottoposto all’attenzione della Suprema corte, non era emerso che l’assemblea condominiale avesse modificato i criteri di ripartizione stabiliti dalla legge o comunque, approvati in via convenzionale da tutti i condòmini, ragion per cui è da escluderne la nullità.

Per la Cassazione, poi, “è decisivo osservare come il Tribunale evidenziasse che i consumi presunti contabilizzati riguardassero altri condòmini, e non le unità immobiliari di proprietà dei ricorrenti” che, pertanto, non erano stati danneggiati in alcun modo dal recepimento dei dati.

In ultimo la Corte ha anche precisato che esula dai limiti del suo sindacato disporre “prove esplorative negate dal Tribunale” sul funzionamento dei contabilizzatori di calore.