Bacheca Condominiale e Privacy – Cosa Bisogna Sapere
Non si può utilizzare la bacheca condominiale per perseguire scopi personali e diffondere informazioni sulle azioni giudiziarie che vedono coinvolto il portiere dello stabile condominiale, in quanto tale comportamento permette di divulgare dei dati anche a soggetti estranei al condominio. L’art. 167 del d.lgs. n. 196/2003 punisce la condotta di colui il quale “al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli artt. 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, sempre che dal fatto derivi un nocumento“. È quanto ribadito dalla sentenza n. 15221/17 della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso che aveva come protagonisti un condomino e il portiere dello stabile condominiale.
Il condomino, che non aveva buoni rapporti con il portiere, denunciava quest’ultimo per lesioni nei propri confronti. Però, finiva per essere condannato a un anno e otto mesi di reclusione poiché aveva violato l’art. 167 del d.lgs. n. 196/2003 in quanto aveva affisso nella bacheca condominiale un foglio nel quale diffondeva l’informazione che il portiere si era allontanato dalla portineria per recarsi presso la locale procura della Repubblica ove pendeva, nei suoi confronti, un procedimento avviato a seguito della denuncia per lesioni gravissime.
Avverso la sentenza di condanna il condomino proponeva ricorso per Cassazione deducendo l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 167 del d.lgs. n. 196 del 2003. E ancora, l’assenza di un “effettivo nocumento” ai danni del portiere in relazione alla identità personale del soggetto e alla sua privacy.
Per i giudici della Cassazione il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato. L’art. 167 del d.lgs. 30/2003, n. 196 (rubricato Trattamento illecito di dati) punisce la condotta di colui il quale procede al trattamento di dati personali al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, sempre che dal fatto derivi un nocumento. Nella vicenda in questione, si tratta di “dati giudiziari” il cui trattamento costituisce reato quando esso sia avvenuto in violazione di quanto disposto dall’art. 27 che stabilisce che “il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili”.
Il danno di cui si discute che è condizione oggettiva di punibilità, chiarisce la Corte, deve essere però inteso come un pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura, patrimoniale o non patrimoniale, subito dalla persona alla quale si riferiscono i dati o le informazioni protetti ma anche da terzi quale conseguenza dell’illecito trattamento. La diffusione delle informazioni relative alla situazione giudiziaria del portiere hanno attribuito una “manchevolezza nell’assolvimento dei suoi compiti di portiere, screditandone la reputazione e la professionalità nello stesso luogo di lavoro”, e hanno determinato, nei suoi confronti, un nocumento concreto e tangibile e non certo di minima rilevanza.