Come Funziona la Diffida nel Diritto del Lavoro

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La diffida, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 / 2004, era disciplinata dall’articolo 9 del D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520. La norma conferiva ai funzionari ispettivi del Ministero del lavoro, ove rilevavano l’inosservanza di norme di legge sanzionate sia in via amministrativa che penale, la facoltà, valutate le circostanze del caso, di diffidare il datore di lavoro, fissando un termine per la regolarizzazione della violazione commessa. Storicamente le problematiche relative all’esercizio del potere di diffida si sono incentrate sia sulla natura discrezionale del provvedimento, che poneva problemi di parità di trattamento dei destinatari, sia sulla eccezione al principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, in quanto l’ispettore ha sempre utilizzato lo strumento di diffida in alternativa al rapporto all’autorità giudiziaria. In presenza di queste problematiche, sfociate in un intenso contenzioso nella giurisprudenza di legittimità ed in quella costituzionale, l’operatività della diffida è sostanzialmente venuta meno; al fine di rivitalizzare questo istituto, il legislatore del 2004 ha riscritto la disciplina della diffida, sulla falsariga della prescrizione obbligatoria operante in materia penale. Ai sensi della nuova disciplina, contenuta nell’art. 13, il personale ispettivo che rileva inadempimenti che possono dare luogo sanzioni amministrative, nel verbale di ispezione deve “diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze”.
La legge 183 / 2010 ha novellato l’art. 13, chiarendo che il termine della regolarizzazione è di 30 giorni; inoltre il collegato prevede che, in caso di adempimento della diffida, il trasgressore è ammesso al pagamento della sanzione minima e che il pagamento della sanzione estingue il procedimento sanzionatorio.
La diffida opera dunque quale condizione di procedibilità in ipotesi di illeciti amministrativi che risultano accertati e provati, qualora le inadempienze risultano sanabili. Sono quindi escluse dall’ambito della diffida tutte le violazioni in cui l’interesse sostanziale protetto dalla norma non è in alcun modo recuperabile; sono invece da ritenersi sanabili le violazioni amministrative relative ad adempimenti omessi, in tutto o in parte, che possono ancora essere materialmente realizzabili, anche qualora la legge preveda un termine per l’effettuazione dell’adempimento (illeciti omissivi istantanei con effetti permanenti).

Il D.Lgs. n. 124 / 2004 prevede un altro tipo di diffida, definita come diffida accertativa. Tale provvedimento ha la finalità di garantire ai lavoratori l’immediata soddisfazione dei crediti di natura patrimoniale maturati nel corso di un rapporto di lavoro, regolare o irregolare. La legge consente al personale ispettivo delle Direzioni Provinciali del lavoro di diffidare, in sede di indagine ispettiva, il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, nei limiti della loro efficacia soggettiva. L’adozione della diffida accertativa è possibile anche nell’ambito dei rapporti di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto), quando l’erogazione dei compensi sia legata a presupposti oggettivi che non richiedano complessi approfondimenti in ordine all’effettivo raggiungimento dei risultati dell’attività. In seguito alla diffida il datore di lavoro può promuovere, nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell’atto, un tentativo di conciliazione presso la Direzione Provinciale del lavoro. In caso di raggiungimento dell’accordo conciliativo, la diffida accertativa perde efficacia, ed il credito vantato dal lavoratore sarà pari alla somma concordata in sede conciliativa. Decorso inutilmente il termine per esperire la conciliazione, oppure quando l’accordo fra le parti non venga comunque raggiunto in sede conciliativa, la diffida accertativa “acquista valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo”, previo apposito provvedimento del Direttore della Direzione Provinciale, il quale deve procedere a verificare la sussistenza dei presupposti e la correttezza del provvedimento di diffida. La natura di titolo esecutivo della diffida validata consente al lavoratore di agire mediante la procedura esecutiva ordinaria al fine di ottenere la soddisfazione dei crediti retributivi accertati nella diffida.